Ai corsi preparto non fanno altro che insegnarci a respirare e a riprendere contatto con il nostro corpo.
Tutto ciò che serve per vivere in due parole: respirare e corpo.
Eppure dovrebbe essere così semplice, così immediato, così spontaneo e naturale.
Dove è che ci siamo smarrite? Dove abbiamo perso il contatto con la natura, con il nostro intimo, con noi stesse?
Quando è che la maternità è diventata una patologia da medicalizzare e non un normale evento della vita?
Eppure io sono la prima a voler fare i controlli, a voler scegliere se fare o meno l’epidurale a sperare in fondo di non sentire troppo male.
Sembra che un figlio costituisca sempre più un investimento su cui proiettare le nostre aspettative, in alcuni casi le nostre frustrazioni o, nella migliore delle ipotesi, su cui metterci alla prova in un altro ruolo definito dalla società.
Da quando un figlio è diventato un capitale, uno status sociale, uno strumento di esibizione, un potenziale noi in cui specchiarsi compiaciuti?
Forse nello stesso momento in cui abbiamo perso il contatto con la naturalità del femminile, quando siamo diventate necessariamente produttive e ci siamo adeguate ad un ritmo di vita incalzante che ha strappato il contatto con la nostra interiorità.
In ogni caso, la società che ci impone i ritmi frenetici è la stessa che ci chiede di fare figli ed è la stessa che inserisce nei corsi le tecniche per recuperare un po’ di naturalità.
Ma solo per poco mi raccomando. Perché poi dobbiamo tornare efficienti e produttive.
E se non sappiamo come gestire il bambino sono solo affari nostri.