Sono con L. in un altro paese, forse Australia, dove ci siamo trasferiti. Siamo sulla spiaggia, il mare è molto mosso con onde altissime e ci sono dei ragazzi che fanno surf. L. dice che gli piacerebbe imparare, ma io ovviamente sono contraria. Siamo con i piedi in acqua e sulla destra c’è un muretto con delle targhe in cui sono segnati i nomi di chi ha perso la vita in quel mare. Mi riavvicino alla spiaggia e mi accorgo che sul bagno asciuga la sabbia è morbidissima e non ci sono più i sassi che fanno male ai piedi.
Siamo in una casa, la nostra nuova casa in questo Paese, è un appartamento molto luminoso in cima ad un palazzo molto alto, con una vetrata enorme. Arriva una ragazza, una nostra amica, che è venuta a trovarci e si siede sul divano fatto da 4 pouf molto grandi messi in mezzo al salone.
Mi ritrovo su un sentiero in un posto boscoso e pieno di laghetti, sono al telefono con mia cugina e sto parlando con l’auricolare, le racconto quello che vedo. A un certo punto mi ritrovo davanti ad un laghetto, il sentiero prosegue intorno, ma non lo voglio percorrere forse perché non mi ricordo esattamente la strada. Mi immergo nel lago, ma torno indietro perché mi sembra strano dover fare un tratto di percorso a nuoto. Nel frattempo continuo a parlare con mia cugina anche se ho il fiatone. Guardo di nuovo il sentiero e valuto la distanza da percorrere a nuoto. Decido di passare dal lago. Mentre nuoto verso l’altra riva mi accorgo che si è interrotta la comunicazione. Arrivata dall’altra parte mi metto le scarpe che avevo lasciato lì all’andata. Iniziano ad arrivare dei ragazzi per fare il bagno. Tra di loro c’è anche una ragazza con cui avevo legato molto, le dico che il giorno dopo sarei partita ma che sarei tornata. Mi allungo per darle un bacio, ma un ragazzo fraintende e mi bacia. Me ne vado.
Sono in casa (tutta diversa da quelle reali dove ho vissuto e da quella dove mi trovavo prima) decido di tornare al lago anche se è buio, ho un po’ paura e mi porto una pila. Mi ritrovo davanti casa dei miei nonni e chiedo ad un ragazzo seduto sullo scalino del portone se è sicuro andare al lago di notte. Mi dice di non andare assolutamente perché è molto pericoloso. Accanto a lui c’è L.a. (collega) seduta ad una scrivania che mi chiede di fare un lavoro urgente. Torno nella mia camera e mi metto al pc, penso di raccontare questa storia del lago ad un mio collega, sperando che mi accompagni, ma poi lascio stare.