Un post pieno di ovvietà

Oggi ho visto un lenzuolo che copriva un cadavere.

Stavo andando a lavorare a piedi camminando per una zona poco trafficata.

Una strada chiusa e lampeggianti blu in lontananza.

Penso a un tubo rotto, a dei lavori urgenti e mi avvio distratta nel silenzio della prima mattina.

La scena che mi si palesa davanti mi strappa con violenza dai miei pensieri semplici.

Ho girato lo sguardo per discrezione, ma non abbastanza in fretta perché le immagini non mi siano rimaste impresse per tutta la giornata.

Rottami.

Quello che resta di una moto.

Una macchina parzialmente distrutta.

E lui, lì sotto.

Ho deciso di fare un’altra strada, ma ormai i pensieri non erano quelli soavi con cui avevo passeggiato fino a quel momento.

Ogni volta che pestiamo sull’acceleratore, ogni volta che ci sembra importante rispondere ad un messaggio, ogni volta che ci va di fare due chiacchiere al telefono o che ci immergiamo nei nostri pensieri, non pensiamo a noi.

Buttiamo il cuore e la mente a chi ci aspetta a casa e a tutte le potenziali attese che ci circondano mentre viaggiamo.

E invece che accanirci, molliamo.

La verità

Prima che N. nascesse pensavo che lo avrei gestito in totale solitudine, che non avrei tollerato nessun tipo di interferenze.
Ma alla fine è andata in un altro modo.
Quando è nato mi sono sentita travolta da un treno in corsa.
Non avevo più il tempo, lo spazio, la vita.
Tutto dedicato a lui, una casa alla deriva, il mio corpo ancora sofferente, le passioni archiviate.
Sembrava che mi avesse rubato qualcosa.
Non ho mai provato rabbia nei suoi confronti ma solo una profonda tenerezza.
Sapere che dipendeva totalmente da me mentre io in certi momenti avrei voluto essere altrove.
E non mi sono mai innervosita nei suoi confronti quando piangeva senza sosta perché (lo abbiamo scoperto dopo) aveva fame.
E sì.
L’ho pensato.
Ho pensato:”Chi me lo ha fatto fare? Stavo benissimo anche prima.”
Ed è per questo che i nonni sono stati fondamentali.
Per ritagliarmi piccolissimi spazi tutti per me.
Poi un giorno, in macchina da sola, ho avuto la sensazione che la mia vita potesse riprendere.
Felice di vedere che il nostro rapporto si rafforzava, felice di pensare di condividere con lui tutto quello che fino a quel momento avevamo fatto in due.
E adesso mi beo della sua gioia, della sua serenità. della felicità che manifesta in ogni modo possibile.
Perché, diciamolo onestamente, un figlio stimola anche la propria vanità. In lui si rispecchia la famiglia che lo circonda ed è quindi la misura della serenità che vive in casa.
In lui si ripone amore e da lui desideriamo che venga ricambiato come in una infatuazione adolescenziale.

Contraddizioni

Lavoriamo per permetterci cose che, lavorando, non abbiamo il tempo di goderci.

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NON MI LAMENTO MAI

….Sono stupendi i trent’anni... Sono stupendi perchè sono liberi, ribelli, fuorilegge, perchè è finita l’angoscia dell’attesa, non è cominciata la malinconia del declino, perchè siamo lucidi, finalmente, a trant’anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti; se siamo atei siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perchè anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perchè anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perchè abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perchè abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perchè abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se c’incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita.é viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui scenderemo. Un po’ ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e avanti e meditare sulla nostra fortuna… O. Fallaci

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